Tokyo Sympathy Tower: tra distopia tecnologica e alienazione sociale
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Foto: ©SCHINCHOSHA |
Di Tokyo Sympathy Tower ne avevamo già parlato lo scorso anno, in occasione della vittoria di Rie Kudan al 170° Premio Akutagawa, uno dei riconoscimenti letterari più importanti del Giappone. La particolarità? L’autrice ha dichiarato di aver scritto il romanzo in parte con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, nello specifico ChatGPT, che ha generato circa il 5% del testo, limitatamente ai dialoghi in cui la protagonista interagisce con un’IA. Un uso consapevole e pienamente contestuale, coerente e funzionale con la storia. Nulla di artificiale nel senso negativo del termine, ma piuttosto un elemento centrale di riflessione su cui si concentra il focus del libro.
Il romanzo è ambientato in un futuro prossimo non completamente distopico, ma segnato da elementi che appaiono al contempo inquietanti e utili a riflettere sul presente: perdita dell’identità culturale, appiattimento linguistico, standardizzazione dei comportamenti sociali determinati e gestiti direttamente dalle macchine. Un mondo iper-controllato, in cui la tecnologia promette soluzioni semplici a problemi complessi, sollevando interrogativi etici.
Al centro della trama c’è la “Sympathy Tower”, un grattacielo-carcere progettato secondo una nuova visione del crimine: non più un castigo per chi ha sbagliato, ma una forma di cura per i cosiddetti Homo Miserabilis, individui che, secondo la teoria del sociologo Seto Masaki, sono nati in ambienti ostili e quindi incapaci di provare rimorso o immaginare una vita felice. Il sistema giudiziario, in questa visione, non punisce ma accoglie e accudisce: i detenuti vivono in appartamenti di lusso, con biblioteche, piscine e comfort degni di un hotel. La torre diventa quindi il simbolo di una società che sostituisce l’empatia umana con una versione regolata da protocolli tecnologici, che finisce per rappresentare una forma di controllo e alienazione, dove la distinzione tra dentro e fuori, colpevole e vittima, si confonde.
Uno degli aspetti più complessi del romanzo è la vicenda personale della protagonista, Makina Sara, architetta coinvolta nel progetto della torre. Makina ha un passato segnato da una violenza subita da giovane e da un senso di inascolto e risentimento verso la società. Questa esperienza personale entra in contrasto con la teoria sociologica portata all’estremo nel progetto della torre.
Il tormento della protagonista emerge grazie a un espediente letterario: la storia d’amore con un ragazzo più giovane di lei di 15 anni, anch’egli coinvolto nel progetto, con il ruolo di testimone, e archivista. Takuto aiuta Makina a mettere a fuoco il suo lavoro e a orientarsi nella Tokyo del futuro, rappresentando una sorta di contraltare delle riflessioni e del punto di vista Makina.
Altro personaggio importante è un giornalista americano che introduce uno sguardo esterno e scettico, vedendo nella torre una forma di controllo sociale mascherata da utopia.
La struttura narrativa è moderna e frammentaria. Si alternano punti di vista diversi: la coscienza di Makina, le riflessioni di Takuto, gli appunti del giornalista. Un racconto cronologico ma non lineare, che restituisce un senso di disorientamento che si sposa perfettamente con i temi trattati e l’ambientazione.
Uno degli elementi chiave è il linguaggio. Makina cerca, inutilmente, di dare alla torre un nome giapponese, ma le viene imposto un termine inglese, freddo e standardizzato. Questo riflette uno dei messaggi centrali del libro: la perdita della profondità culturale in favore di un linguaggio globale e omologante, che riduce la complessità e cancella le identità.
Tokyo Sympathy Tower è un romanzo complesso. Non è solo una riflessione sull’intelligenza artificiale o sulla giustizia del futuro: è anche soprattutto una critica al presente, al modo in cui le società si approcciano allo sviluppo tecnologico per risolvere problemi etici e sociali. Kudan non condanna l’uso dell’IA, ma ci mette in guardia da un uso disumanizzante. Ci invita a riflettere su quanto siamo già prigionieri – dentro o fuori la torre – di un sistema di algoritmi e coscienze simulate che parla al nostro posto, decide per noi, ci promette empatia, ma spesso ci toglie la possibilità di essere ascoltati davvero, annullando l’autenticità dell’essere umano.
Ora il libro è disponibile anche in Italia, grazie alla casa editrice L’Ippocampo, che lo ha pubblicato nei primi giorni di aprile 2025 all’interno della sua collana di narrativa internazionale.
(Giovanni Fara)
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